Prequel di Call of Juarez, Call of Juarez: Bound in Blood è ambientato negli anni della guerra di secessione.
Il gioco è essenzialmente uno sparatutto in prima persona totalmente calato negli stereotipi tipici del genere western. Protagonisti sono Thomas, l’arrampicatore, ed il reverendo Ray. Entrambi sono considerati dei disertori dell’esercito e dedicano tutte le loro energia alla caccia di un fantomatico tesoro: il tesoro di Juarez.
Sparatorie, corse a cavallo, assalti alla classica diligenza, indiani, duelli con le pistole in stile mezzogiorno di fuoco, etc. Insomma, tutto quello che un appassionato di Sergio Leone e John Wayne possa desiderare.
L’atmosfera western è proprio ben creata. Vi è la possibilità di utilizzare due personaggi a seconda del momento e le mimiche facciali sono impressionanti per fattezze.
Il gioco si sviluppa lungo una serie di missioni che svariano dal compiere operazioni di mandriano, a cacciatore di taglie e, tutto questo, per mettere da parte quei quattrini necessari all’acquisto di nuove armi: pistole, fucili a canne mozze o la mitragliatrice Gatling.
Dei due personaggi io preferisco il reverendo. E’ più rozzo, non ci pensa due volte a sfondare una porta o a far saltare in aria qualunque cosa con la dinamite. Thomas è più tattico. Si arrampica ovunque ed è sempre pronto all’agguato.
Il prezzo è di 30 euro e li vale tutti. La traduzione italiana non è perfetta, ma è tutto così giocabile e graficamente gradevole da rendere una minuzia questa imperfezione.
Il motore grafico implementato è il Chrome Engine, rivisto per l’occasione in modo tale da migliorare i paesaggi, personaggi e quegli effetti particellari che intervengono nei casi di fiamme e fumi.